Soldi ed emozioni: le relazioni pericolose

29 Gennaio 2022

Quando devi prendere una decisione che ti “tocca le tasche” o ti cambia il saldo del conto corrente, usi la ragione o segui istinto ed emotività?

Sono certa che ognuno di voi a questa domanda risponde “certamente la ragione”.

La risposta è giusta, in teoria.  In teoria, dovremmo infatti usare la “ragione” quando è necessario  prendere decisioni importanti. E quasi sempre quando si tratta di spendere o investire dei soldi si tratta di decisioni importanti.

Eppure, la realtà è completamente diversa: il cervello va in tilt ogni volta che si trova difronte a problemi complessi.

Noi pensiamo e cerchiamo di richiamare tutti i nostri neuroni per fare la scelta migliore ma il cervello ci inganna facendoci prendere delle “scorciatoie”, le cosidette “euristiche”.

La prima importante pubblicazione sul tema è la Teoria del Prospetto di Tversky e Kahnemann del 1979 che ha aperto alla finanza comportamentale.

Secondo la Teoria del Prospetto le nostre emozioni ci giocano brutti scherzi.

Primo scherzo: le perdite fanno molto più male dei guadagni. E’ stato stimato che il dolore di una perdita è superiore di almeno tre volte al piacere di un guadagno.

Vi racconto questa mia storiella.

Un mese fa ho deciso di cambiare l’arredamento della camera da letto di mio figlio Jacopo che non vive più con me.  Ho messo in vendita l’armadio su un gruppo facebook e ho trovato subito l’acquirente.

Mio marito si è organizzato, ha smontato l’armadio e lo ha caricato per portarlo alla signora che lo ha acquistato. Sono andata con lui, lo abbiamo scaricato e la signora ci ha pagato la cifra concordata che io ho messo nella tasca del giacchetto.

Eravamo contenti di averlo venduto e soprattutto di aver fatto lo spazio per poter dare alla stanza una nuova destinazione.

Si era fatta l’ora di pranzo e abbiamo deciso di fermarci a pranzo al ristorante sul Lago di Chiusi e poi di fare una passeggiata lungo il sentiero della bonifica. Ho infilato il telefono in tasca e lasciato la borsa in macchina. I soldi erano sempre nella tasca del giacchetto.

Durante il tragitto tiro fuori il telefono più e più volte per fare foto, per mandare messaggi ecc…

Ve la faccio breve. La sera a casa mio marito mi chiede se ho messo i soldi nel borsello o se sono sempre in tasca. Giusto, gli dico, mettiamoli a posto… ma infilo la mano nella tasca e i soldi non c’erano più. Sicuramente li ho persi lungo il sentiero.

Non potete immaginare il mio dolore per questa perdita e soprattutto quella di mio marito (che tra l’altro si era fatto il mazzo per smontare l’armadio e caricarlo nella macchina).

La cifra non era grossa, poco meno di 200 euro. Ma il senso di frustrazione per la perdita è stato di gran lunga superiore al piacere nel momento dell’incasso. Eppure, le due cose dovrebbero essere equivalenti.

Si chiama “avversione alla perdita” o “loss avversion” ed è un classico errore comportamentale che ci fa sovrastimare le probabilità di perdita rispetto alle possibilità di guadagno e spesso induce in errori nelle scelte finanziarie.

Quasi ognuno di noi difronte a minimi guadagni certi rispetto a guadagni più elevati ma che presuppongono probabilità di perdita preferiamo i primi, tralasciando ogni possibile altra informazione che ci potrebbe chiarire maggiormente il quadro.

Un altro errore molto frequente è quello della “disponibilità”. Siamo portati a ritenere più probabili eventi di cui ci ricordiamo più facilmente perché più vicini a noi o più vicini nel tempo.

Il classico esempio sono le persone che corrono a fare l’assicurazione contro il furto dopo aver avuto la visita dei ladri o che si convincono a mettere l’impianto di allarme perché i vicini o i parenti hanno subito dei furti in abitazione.

Ogni volta che c’è un terremoto o una alluvione si nota un picco di contratti assicurativi sugli eventi catastrofici.

Per cui se io propongo ad un cliente di aumentare il peso dell’azionario dopo che c’è stato un brutto crollo di cui i Tg hanno parlato con titoli del tenore “bruciati 200 miliardi in borsa” mi sarà più difficile fargli passare il concetto che i giorni di calo sui mercati finanziari sono statisticamente inferiori rispetto a quelli di rialzo ma i rialzi si danno per normali e non fanno notizia.

Le palpitazioni create dai mercati azionari non piacciono a nessuno ma se non si impara a conviverci tramite dei portafogli di investimento ben diversificati, è molto probabile che i guadagni li faccia chi invece ha imparato a controllare il proprio cervello “rettile” e ad evitare scelte impulsive.

Si chiama rettile proprio perché è primordiale e sempre sull’attenti, pronto a reagire difronte al minimo pericolo. Ma qui non siamo nella savana. Ogni mattina ti devi alzare e iniziare a correre  non per scappare dal leone ma per proteggere e valorizzare il tuo patrimonio.

C’è poi un errore molto frequente, quello dell’ancoraggio. Su questo ne ho viste davvero di ogni colore!

Compriamo una cosa (che sia un oggetto, una casa o un’azione fa poca differenza) e ci ancoriamo al prezzo di acquisto. Succede che il prezzo del titolo cala per svariati motivi e ci viene suggerito di venderla oppure abbiamo esigenza di liquidità e dobbiamo decidere cosa vendere ma quell’azione o quella casa resta lì perché l’unico prezzo al quale siamo disposti a venderla è… il prezzo di acquisto.

Succede spesso con le case dove c’è anche un elemento di affettività o con beni ricevuti in eredità. Chiedetevi sempre, quando scegliete il prezzo di vendita di un bene, se sareste disposti oggi a pagarlo quella stessa cifra che voi chiedete.

Un mio cliente, che probabilmente legge questa newsletter, alcuni anni fa ha ricevuto, in cambio di obbligazioni subordinate di una importante banca in difficoltà, delle azioni della stessa banca per un valore inferiore del 70% rispetto ai soldi inizialmente investiti.

Le azioni ricevute valevano alcuni anni fa circa 80mila euro. Il mio suggerimento fu quello di venderle subito perché quella banca non aveva prospettiva e quelle azioni non sarebbero più salite. Lui mi disse che no, voleva aspettare perché “prima o poi le azioni di una banca risalgono per forza”. Lui era ancorato ai soldi investiti. Io dovevo battere il pugno e imporre la mia visione ma non l’ho fatto. Avremmo salvato almeno 60 mila euro perché quelle azioni le abbiamo vendute nel 2021 a poco più di 20mila.

Avrei dovuto fargli una domanda, che invece non gli feci, perché anche io sono “umana” e il mio cervello funziona esattamente come il vostro. Anzi, io mi emoziono sia quando si parla dei miei soldi sia quando si parla dei vostri soldi.

Avrei dovuto chiedergli “oggi investiresti 80mila euro su le azioni MXY?”. Lui mi avrebbe senz’altro risposto no, e sarebbe stato facile smontare l’euristica che l’ha portato fuori strada.

I portafogli degli italiani sono ancora pieni di azioni Telecom acquistate a 10 euro alla fine degli anni 90 ai tempi dei Capitani Coraggiosi (oggi valgono circa 0,40 al netto dei vari aumenti di capitale), tenute lì nell’attesa della risalita…

Questo significa che quando un investimento è in perdita si deve vendere?

Assolutamente no.

Vendere o tenere deve essere una decisione da prendere sempre e solo in base alle aspettative future. Vendere un fondo in perdita perché il settore è andato male non è quasi mai una buona decisione perché spesso anche i mercati sbagliano e sovrastimano o sottostimano le prospettive future.

E le aspettative allora chi le decide? Come si fa a sapere cosa crescerà in futuro.

Si tende, sempre in base a delle scorciatoie mentali, a prediligere fondi o mercati che sono andati bene in passato e a non considerare quelli che hanno performato meno bene. L’economia ha dei cicli influenzati da molte variabili e non esiste la strategia perfetta e buona sempre.

Molte persone sono inclini ad accettare consigli degli amici al bar.  Anche questo è un classico errore comportamentale che viene definito “effetto gregge”. E’ un tipico atteggiamento che porta ad anticipare la soluzione del possibile rimpianto in modo da poterlo condividere con qualcuno.  “Se lo fa lui, lo faccio anche io” oppure “Lui è uno bravo…” (sottinteso, se sbaglia almeno saremo in due e avrò anche chi mi consola). E’ un comportamento che in alcuni periodi ha portato le casalinghe a comprare le azioni Tiscali solo perché ne parlavano dal parrucchiere! Si pensa che il grosso della bolla Dot.Com sia il risultato di un effetto gregge colossale.

Tutto facile? Non proprio, ma conoscere alcuni dei principali Bias può aiutarci ad ingannare il nostro cervello, a riconoscere alcune scorciatoie e a prendere decisioni con maggiore consapevolezza. Vi assicuro che molti venditori padroneggiano questa materia e sono in grado di far leva sui nostri bias, sulle nostre distorsioni cognitive con intento manipolativo.

Ho fatto solo alcuni accenni ma la materia è vastissima oltre che curiosa e divertente.

Vi segnalo alcune letture:

Daniel Kahneman – Pensieri Lenti Pensieri Veloci

Richard Thaler – Nudge, La spinta gentile

Paolo Legrenzi e Leopoldo Gasbarro – Ricchi per la Vita

Di Paolo Legrenzi vi riporto qui un passaggio di un recente articolo al quale vi metto il link

https://www.nicolaporro.it/economia-finanza/finanza/quando-meno-diventa-piu-se-ti-importa-meno-dei-tuoi-soldi-alla-fine-ne-avrai-di-piu/

 

Se moltiplicate un’importanza minore dei soldi nella vita (“meno”) per un’importanza minore delle perdite temporanee (“meno”) alla fine avrete più soldi (“più”).

Vi assicuro che i portafogli che riportano guadagni maggiori nell’arco di 10 anni sono quelli delle persone che li “guardano” meno riducendo così il numero degli errori comportamentali.

Vi siete mai chiesti perché in matematica “meno” moltiplicato per “meno” da “più”?

Cristina Capitoni
Consulente Finanziario
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