NON PARAGONIAMO L’ASINO E I POPONI

26 Febbraio 2020

“Cos’è un benchmark?” mi chiede Andrea dopo aver letto il numero 0 della mia rubrica.

“Non paragonare l’asino ai poponi” recita un detto delle mie parti, per invitare una persona a non fare
confronti tra due cose che non hanno nulla in comune e pertanto la loro qualità non è confrontabile. Ad
esempio, se confronto un Brunello di Montalcino di una certa annata e di una blasonata azienda, con un igt
qualunque, sto facendo un raffronto che non ha un senso, al di là del mio personale palato.

Sui mercati, il “benchmark”, è lo strumento che viene utilizzato come “parametro di riferimento” per
valutare e misurare uno strumento finanziario rispetto al mercato a cui appartiene o nel quale investe.

 

Il campo dei fondi comuni d’investimento è quello dove il parametro è più
utilizzato, oltre che obbligatorio. Deve sempre essere presente nel prospetto e
ben individuabile per l’investitore. Non serve solo per misurare il risultato,
cioè se il fondo d’investimento è riuscito ad eguagliare o addirittura a fare
meglio del mercato, ma è un insostituibile strumento per valutare, ex-ante,
dove investirà il fondo .

Di solito è composto da uno o più indici. Nel caso di un fondo azionario
sull’Italia, il benchmark è l’indice azionario italiano. Nel caso di un fondo
bilanciato globale, il benchmark sarà composto dall’indice “obbligazionario
globale” e dall’indice “azionario globale”. Gli indici, che hanno nomi
impronunciabili e pertanto ve li risparmio, sono semplicemente dei misuratori
e sono composti da tutti i titoli quotati in un segmento, ponderati per il loro peso, cioè per la loro
capitalizzazione. “Capitalizzazione?” si domanderà qualcuno. La Capitalizzazione delle società quotate in
borsa è pari al numero delle azioni in circolazione moltiplicato il valore della singola azione.

Si può pertanto affermare che il benchmark ci consente di capire “cosa vuole fare il gestore”. In quale mare
vuole nuotare e tra quali pesci vuole pescare. In sintesi, in quali mercati e quali rischi vuole prendersi per
raggiungere l’obiettivo di far crescere il capitale che gli viene affidato.

Rispetto a quel benchmark farà poi le sue scelte “attive”: quale settore o area geografica privilegiare o
penalizzare o quale comparto obbligazionario preferire. Sovrappeso o sottopeso, in gergo tecnico.

Troppo spesso sento persone affermare che un fondo è “buono” rispetto ad un altro senza tenere conto del
benchmark. Oppure che un fondo è “buono” perché “ha guadagnato”. Non è la performance (il risultato)
che determina la qualità di un fondo d’investimento. Se un benchmark ha fatto -5% e un fondo ha fatto
meno 5,50%, nello stesso periodo, considerato che il fondo deve sostenere dei costi di gestione, il risultato
del fondo è assolutamente soddisfacente.

Buon sabato!

Cristina Capitoni
Consulente Finanziario
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