COP26 sul clima: Solo BlaBlaBla?

17 Novembre 2021

“Se divisi siamo stati abbastanza potenti da destabilizzare il pianeta, uniti saremo talmente potenti da salvarlo”.

Questo il messaggio di ottimismo lanciato da Sir David Attenborough,  Classe 1926, pluridecorato e pluripremiato documentarista ambientale. La versione inglese del nostro amatissimo Piero Angela. Il suo discorso ha scosso i delegati alla Cop26.

“ L’eccellenza, cari signori delegati, è il motivo per cui il mondo sta guardando a voi ed è per questo che siete qui”. In sostanza, non per fare chiacchiere ma fatti.

Lo scienziato ha basato il suo discorso su un numero: 414.

414 è la concentrazione di diossido di carbonio nell’atmosfera. Un numero la cui crescita va fermata. Non per le generazioni future ma per le generazioni già adesso viventi.

Nel suo intervento ha ricordato come ai primordi della vita sulla terra il clima sul pianeta fosse molto ostile e la specie umana avesse una presenza molto limitata, una vita brevissima e fatta di stenti. Poi, circa 10000 anni fa, il clima si è stabilizzato e l’uomo ha potuto prosperare e diventare così intelligente. Se oggi siamo qua, con la nostra storia di civiltà, è perché il pianeta ci ha dato stagioni prevedibili e stabili.

Con i nostri comportamenti e con i nostri modelli stiamo compromettendo questo delicato equilibrio. Non per le generazioni future o per quelli che nasceranno nel 2050 ma per quelle già viventi.

Non per i nostri nipoti che devono nascere ma per noi che siamo già qui, per mio figlio Jacopo che ha 25 anni e per i bambini che oggi vanno all’asilo. Persone con un nome e un cognome e per le quali ognuno di noi ha tante speranze. Magari proprio per quei bambini e quelle bambine per i quali abbiamo fatto un pac o il fondo pensione.

I fenomeni dirompenti già adesso chiaramente visibili non possono essere negati: ondate di calore e bombe d’acqua, alluvioni, incendi, innalzamento del mare, desertificazione e deforestazione, metropoli soffocanti, scioglimento dei ghiacciai e pesanti ricadute sulla vita delle persone e sull’economia.

Molto interventi si sono soffermati sul fatto che i paesi che, nella storia, hanno inquinato meno oggi sono quelli che pagano i costi più elevati. Le migrazioni sono la punta dell’iceberg e sono nulla rispetto all’esodo biblico che potremmo vedere in caso di aggravamento delle condizioni climatiche nelle aree equatoriali del pianeta.

Quali risultati ha prodotto la COP 26 di Glasgow? E’ tutto un bla bla bla o ci sono stati dei risultati concreti?

A me piace vedere “il bicchiere mezzo pieno”.

Innanzitutto non c’è mai stata un’attenzione così forte, né da parte dei media né da parte dei cittadini.Gli accordi di Parigi non avevano avuto sicuramente la stessa rilevanza e  attenzione e le stesse piazze di giovani che manifestano sono un segnale che la politica e l’economia non può trascurare.

Cina e Usa hanno firmato un accordo di cooperazione per la riduzione delle emissioni, un segnale sicuramente positivo: i due colossi riaprono un dialogo e affermano di voler accelerare sulla dismissione del carbone.

Purtroppo non esiste un interruttore per transitare dagli attuali modelli di sviluppo, di produzione e di consumo e ritrovarsi immediatamente in un mondo a zero emissioni. Il cammino non è semplice.

“Se fosse stato semplice lo avremmo già fatto” ha affermato il nostro ministro per la transizione ecologica

La chiamiamo “transizione energetica” perché è un passaggio, un percorso, non senza ostacoli.

Già in questa fase stiamo osservando come i mancati investimenti nel settore dei combustibili fossili, investimenti che si sono indirizzati verso le rinnovabili, stanno causando, anche per effetto della pandemia e della non elasticità dell’offerta, delle gravi tensioni sui prezzi dell’energia. Le fonti alternative sono sicuramente l’unica strada ma sostituire tout court il petrolio, il gas e il carbone genera delle inefficienze.

La nostra dipendenza dalle importazioni di Gas è un fatto che ci rende vulnerabili anche a rappresaglie di tipo politico.

Tutti vorremmo svegliarci domattina in un mondo nuovo ma non sarà così. Del resto non siamo neppure disposti a rinunciare agli standard di qualità di vita che abbiamo conquistato.

Quanti sarebbero disposti ad alzarsi un’ora prima per andare a lavoro a piedi?

Quanti rinuncerebbero all’aria condizionata in casa, in auto o in ufficio?

Quanti vorrebbero non avere l’energia elettrica in casa nei giorni in cui non c’è il sole?

Andreste a mangiare in un ristorante dove non c’è il riscaldamento?

Alzi la mano chi sta sotto la doccia solo 3 minuti.

Quanti vorrebbero ridurre la temperatura delle proprie case di due gradi?

Quanti sono disposti a cambiare alimentazione azzerando la carne?

Potrei continuare così.

Gli sforzi che gli stati stanno facendo cercano di conciliare  un processo graduale di azzeramento delle emissioni e  di contenimento dell’aumento delle temperatura con il nostro stile di vita energivoro.

Pensate anche che paesi come India e Cina sono sul solco del benessere diffuso solo da due decenni e non sono affatto propensi a fermarsi perché l’Occidente si sveglia e si accorge di aver inquinato troppo. Tra l’altro, molto di quello che producono è destinato all’occidente che lì ha spostato molta manifattura.

Oggi Cina e India sono tra i principali inquinatori ma nel secolo scorso erano essenzialmente economie agricole. E’ evidente che non siano facilmente disposte a rinunciare alle promesse di benessere fatte alla loro popolazione.

Le energie alternative presentano evidenti limiti, di discontinuità nella produzione e nello stoccaggio anche se, sicuramente, la tecnologia sta facendo passi da gigante e rappresentano una delle strade percorribili.

Forse non l’unica. Secondo alcuni esperti l’energia nucleare di nuova e nuovissima generazione è una soluzione che dovremo a brevissimo riconsiderare seriamente senza preclusioni ideologiche.

Di pari passo dovranno andare le innovazioni in campo agricolo, verso colture a più basso consumo idrico e verso minore consumo di suolo. Come giocherà un ruolo decisivo il cambiamento nel settore della mobilità, personale e collettiva e la riqualificazione degli edifici, abitativi e non.

Io non so dire se la soluzione sarà l’auto elettrica o se, come molti sostengono, arriverà l’auto ad idrogeno con zero emissioni ed altissime prestazioni.

Poi c’è il tema della riduzione e del recupero dei rifiuti, della riqualificazione dell’ambiente danneggiato, della riforestazione di aree compromesse, della tutela delle foreste, della salvaguardia del territorio dal punto di vista idrogeologico.

I temi sono rilevanti e i soldi che servono sono tantissimi. La Cop26 ha dato un numero: 1000 miliardi per il clima. Io penso che sia una cifra del tutto insufficiente e che, se non spesa velocemente, sarà molto superiore quella che spenderemo per riparare i danni del climate change. Danni ambientali, danni sociali ed economici  e soprattutto danni alla salute delle persone.

La Cop26 ha approvato un impegno sottoscritto da tutti i paesi presenti e non era affatto scontato. Il presidente della Cop26 si è commosso, forse perché avrebbe voluto di più, forse perché non avrebbe voluto quella modifica imposta da India e Cina: “riduzione graduale” al posto di “eliminazione graduale” a proposito di carbone. Ma è ufficialmente iniziata la fine del carbone e dei combustibili fossili e sono state fissate le tappe verso la Net Zero Economy. E alla fine la Cina ci potrebbe anche superare verso questo obiettivo considerato l’enorme potenziale tecnologico di cui dispone.

E noi cosa possiamo fare?  Emanuela Evangelista, Biologa e  Presidente di Amazonia Onlus afferma che possiamo fare molto come consumatori e come investitori. Sottrarre risorse alle aziende che inquinano attraverso le nostre scelte d’investimento è un meccanismo virtuoso che porta le aziende stesse a trasformarsi per restare attrattive.

La finanza è un tassello importante di questo sforzo globale. I fondi d’investimento stanno ricevendo dagli investitori un messaggio chiaro: vogliamo che i nostri soldi, i nostri risparmi, aiutino questo processo di transizione.

E’ per questo che da alcuni anni batto su questo tasto con i miei clienti

Qualsiasi altro investimento andrà male se non avranno successo le azioni a favore del pianeta.

Che poi quello che va salvato non è il pianeta, lui è fatto di chimica, di elementi, di gas, di fuoco e di acqua e in qualche modo si salva da solo.

Quelli che ci dobbiamo salvare siamo Noi umani, Noi unica specie intelligente che ha la responsabilità di ogni altra creatura sulla terra.

Contattami per sapere di più sugli investimenti che aiutano il futuro dell’umanità sul pianeta.

Cristina Capitoni
Consulente Finanziario
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