LA CICALA E LA FORMICA

18 Gennaio 20200

Come è possibile che l’Italia abbia difficoltà a trovare chi finanzia il suo debito pubblico quando gli Italiani
hanno 1400 miliardi di depositi liquidi e fermi sui conti correnti?

Non potrebbe lo stato emettere dei “bot solo per gli italiani”? ad un tasso dell’1%? Molti sarebbero
disposti a finanziare lo Stato per fare gli investimenti in strade, scuole, ricerca e manutenzioni! Perché
non lo fanno?

Questa è la domanda che mi ha rivolto in settimana Mario, mio attento cliente, appassionato di storia ed
economia.

Mario e la moglie sono pensionati da diversi anni. Hanno un figlio e due nipoti, studiosi e promettenti.

Come tanti loro coetanei, sono stati bravi risparmiatori e il loro patrimonio è rappresentato sia da immobili
che da investimenti finanziari. Ma una buona fetta di questo risparmio giace infruttifera sul conto corrente.

È comprensibile la domanda che mi pone. Chissà quante altre persone si sono interrogate sulla stessa cosa?
Come potremmo aiutare il paese affinché i nostri nipoti possano avere belle scuole, buone università e
opportunità di crescita? In fondo la generazione degli over 60 è quella che detiene gran parte della
ricchezza del paese. Hanno risparmiato perché hanno vissuto un’epoca di lunga crescita economica con un
sistema pensionistico “retributivo” che li ha avvantaggiati. Il tutto in uno Stato che, fino ad oggi, ha
assicurato servizi ed assistenza sanitaria.

E allora proviamo a rispondere a Mario.

Il debito pubblico italiano, che ammonta a 2400 miliardi di dollari ed è pari al 133% del PIL italiano, è un
vero e proprio macigno. Spiegare come si è formato richiederebbe ben oltre questa pagina. Ma tant’è. Con
questo dobbiamo fare i conti.

Il debito pubblico, per la quasi totalità finanziato attraverso il collocamento di titoli del debito (obbligazioni
dello Stato), ha esigenza di essere continuamente rinnovato. Ogni volta che c’è una scadenza, ossia alcune
emissioni in essere giungono alla maturazione, queste devono essere rimborsate a chi le ha acquistate.
Servono quindi nuovi compratori. In più c’è da finanziare il nuovo deficit che si crea per il disavanzo
generato dalle politiche di spesa e dal costo degli interessi.

Oltre al meccanismo del collocamento, chiamato mercato primario, c’è poi il mercato secondario, dove
vengono scambiati (comprati e venduti) i titoli nel corso della loro “vita”. Si, perché i titoli del debito hanno
una vita. La loro vita è scandita dal prezzo che ogni giorno viene determinato da acquirenti e venditori. Quel
prezzo, nei fatti, ne determina il rendimento e condiziona le successive emissioni. Quel prezzo è quello che
fa salire o scendere lo spread. Spread che non è altro che la differenza tra il rendimento di un BTP italiano e
quello del fratello Bund tedesco di pari durata. Perché proprio quello tedesco? Perché, tra i più grandi paesi
dell’area Euro, è quello con il debito pubblico più basso in rapporto al PIL. Debito pubblico più basso
significa maggiore garanzia e sicurezza.

Tutto ciò premesso, caro Mario, se l’Italia emettesse dei BOT (quindi durata 1 anno) solo per gli Italiani
(ammesso che l’Europa possa farci passare una cosa simile) avrebbe più di un problema:

  1. Costituirebbe nuovo debito, pertanto il rapporto tra debito e PIL salirebbe, rendendo più insicuri
    tutti i titoli del debito pubblico e producendo così un innalzamento dei tassi e dello spread.
  2. Per fare in modo che siano “solo per gli Italiani” dovrebbero non essere quotati sulle piattaforme di
    interscambio rendendo, nei fatti, l’investimento “illiquido” e quindi l’investitore impossibilitato a
    vendere.
  3. L’aumento del debito si ripercuoterebbe subito sullo spread rendendo più costose le nuove aste dei
    BTP, determinando così un aumento della spesa per interessi, nuovo deficit e ulteriore debito da
    finanziare. Un cane che si morde la coda.
  4. Se fossero BOT, quindi durata massima 1 anno, dopo un anno lo Stato dovrebbe rimborsare e contemporaneamente rifinanziare immediatamente, riemettendone di nuovi. Questo perché se devono servire a fare investimenti non possono essere soldi che vengono prestati allo Stato solo per un anno. E se dopo un anno gli italiani, impauriti, non volessero più prestare i loro soldi?

In realtà qualcuno ha ipotizzato l’adozione di strumenti del genere. Ricorderete Mini-bot e simili. Nessuna
strada è stata considerata praticabile.

Finanziare nuovi investimenti con il risparmio degli italiani sarebbe possibile solo con una patrimoniale o
con qualcosa di simile a quella che nel 1935 fu la “rendita irredimibile 5%”. Un prestito allo Stato per
finanziarie la guerra in Etiopia con clausola di “non rimborso”. Prestito che fu rimborsato dopo 50 anni,
quando ormai la svalutazione e l’inflazione ne avevano azzerato il valore reale.

Ma allora c’era la lira e oggi c’è l’Euro. Solo grazie all’Euro e alla politica di salvaguardia dei conti pubblici
abbiamo potuto pagare interessi molto bassi sul nostro debito “monster”. Quale potrebbe essere il futuro
della moneta unica e della stabilità monetaria se l’Italia utilizzasse strumenti da “paese in guerra?”.

 

Il debito e l’invecchiamento sono nemici della crescita. Non abbiamo altra strada se non rendere più
efficiente la nostra spesa pubblica. Ridurre la spesa in un paese che invecchia non è facile. Welfare,
pensioni e sanità si prendono la fetta più grossa del bilancio. Sicuramente ci sono spazi per recuperare
risorse a favore degli investimenti. Non è facile e neppure indolore ma non esistono scorciatoie.

“Tu cosa hai fatto durante l’estate?” chiese la formica che aveva duramente lavorato. “Ho cantato” rispose
la cicala. “E allora adesso balla”.

E all’Italia non resta che ballare, nel senso che sono i mercati, in larga parte, a determinare il suo futuro.
Ma abbiamo energie e risorse per cambiare le cose. A questo è chiamata la politica, insieme a tutti noi.

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Cristina Capitoni
Consulente Finanziario
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